Biologico
Olio biologico: dalla coltivazione alla raccolta
L’olio biologico per essere definito tale deve seguire le stesse procedure di qualsiasi altro prodotto biologico. Le aziende bio che vogliono produrre olio biologico devono in sostanza attenersi alle indicazioni del Regolamento Comunitario (vedi la sezione Agricoltura biologica) e assoggettarsi ad una serie di rigorosi controlli effettuati dagli organismi di controllo e certificazione dei prodotti biologici. Tale regolamentazione oltre a garantire circa il non utilizzo di sostanze chimiche di sintesi (utilizzate come concimi e pesticidi) impone che le olive siano di provenienza locale garantita al 100%. La raccolta delle olive biologiche avviene tra fine Ottobre e inizio di Novembre (ciò dipende dalle condizioni atmosferiche annuali che interessano l’uliveto), nel momento in cui le olive cominciano a cambiare colore (passando dal verde al nero) e in generale in base a quelle che sono le caratteristiche dell’olio che si vuole produrre (ritardando la raccolta l’acidità aumenta e si ottiene un olio più dolce ma meno fruttato); la raccolta deve avvenire sulla pianta (per garantire le migliori caratteristiche organolettiche dell’olio) preferibilmente a mano (o limitando al minimo l’intervento meccanico) e sempre su reti e mai a terra. Il trasporto in frantoio deve essere sollecito (per evitare fenomeni di fermentazione sul campo) e in cassette “sfinestrate” in grado di assicurare una buona areazione delle olive.
Olio biologico: le regole in frantoio
Lo stoccaggio delle olive in frantoio deve essere condotto in modo tale da non alterare le caratteristiche di qualità del prodotto di partenza. Tale aspetto è amplificato se le olive provengono da una coltivazione biologica. Per evitare l’insorgere di processi fermentativi, che tendono ad innalzare l’acidità dell’olio prodotto e che, più in generale, influiscono negativamente sulle caratteristiche qualitative, sarebbe opportuno garantire le seguenti condizioni:
- conferire al frantoio e conservare le olive in cassette di materiale plastico, in modo da assicurare una adeguata ventilazione, evitando l’ammasso sul piazzale di sosta o in sacchi;
- predisporre lo stoccaggio delle olive in luoghi coperti, al riparo dalle intemperie, ma ben ventilati;
- utilizzare tempi di stoccaggio in frantoio che siano i più brevi possibili (48 ore al massimo dalla raccolta);
- recarsi presso frantoi ad esclusivo utilizzo per olive “biologiche” o con linee dedicate;
- lavare accuratamente i contenitori ad uso delle olive “biologiche”.
Sulla superficie esterna dell’oliva (per quanto raccolta sulla pianta) possono essere presenti terreno o strati di polvere, senza escludere la possibilità che effetti di deriva o correnti d’aria lascino residui indesiderati sulle drupe. La defoliazione ed il lavaggio delle olive garantisce una migliore igienicità del processo. Una volta lavate le olive bio si passa alla fase di molitura. Le macchine utilizzate per la molitura possono essere: frantoi (a macine o molazze) o frangitori (a cilindro o a martello). L’utilizzo delle molazze (per quanto più ingombranti e discontinue nell’azione) risulta il sistema migliore rispetto all’uso dei frangitori che può portare ad un certo riscaldamento delle paste, deteriorando in parte le caratteristiche organolettiche dell’olio di oliva. Dalla molitura viene fuori la pasta di olive contenente sia olio che acqua. A questo punto si procede con la fase della gramolatura che ha lo scopo di separare l’olio di oliva dall’acqua e favorire l’aggregazione delle gocce di olio. Anche in questa fase bisogna fare attenzione a che la temperatura non superi i 27°C (il mescolamento della pasta porta ad un aumento della temperatura). Gli incrementi di temperatura e di durata dell’operazione (pur aumentando la resa in olio) influiscono negativamente sul tenore degli antiossidanti naturali presenti nell’olio di oliva, in particolare determina l’aumento del numero di perossidi nell’olio; inoltre, durante la permanenza della pasta di olive all’interno della gramola, i polifenoli della parte acquosa vanno incontro ad una elevata ossidazione, determinando un passaggio di composti fenolici dalla fase oleosa a quella acquosa, e conseguentemente un’impoverimento dell’olio in relazione a questi componenti. Oltre alle proprietà nutrizionali anche le caratteristiche organolettiche possono essere negativamente influenzate da valori troppo elevati di temperatura (30 – 35° C) a causa dell’incremento di polifenoli, responsabili del gusto amaro. L’ estrazione dell’olio dalla pasta oleosa può avvenire per pressione, per percolamento, per centrifugazione. Il sistema per pressione inizialmente faceva uso di presse manuali, poi si è passati alle presse idrauliche.
Il sistema per percolamento consiste nella separazione attraverso lamelle di acciaio inossidabile. L’olio di oliva aderisce più dell’acqua alle lamelle per cui queste si ricoprono di olio che poi cedono in un contenitore. Questo sistema è caratterizzato da tempi di estrazione molto lunghi e costi maggiori, ma l’olio ottenuto presenta caratteristiche organolettiche superiori.
Negli ultimi anni gli impianti continui di centrifugazione hanno sostituito molti degli impianti a pressione, vuoi per i costi di mano d’opera ridotti, vuoi per le maggiori rese e la minor durata del processo di estrazione.
Le differenze della qualità dell’olio d’oliva biologico estratto con i tre sistemi sembrano interessare i valori delle sostanze antiossidanti, come polifenoli e fenoli, presenti in maggiore quantità nell’ olio ottenuto con il sistema di percolamento e per pressione, mentre non sembra si possano notare grandi differenze da un punto di vista organolettico (gusto e profumo dell’olio).
Ottenuto l’olio non rimane che conservarlo (nel caso di olio biologico per la durata di un anno, in attesa dell’olio “nuovo”) e, come vedremo, la conservazione è tutt’altro che marginale nel determinare le caratteristiche organolettiche del prodotto finale. Poiché l’olio ha la proprietà di assorbire facilmente le sostanze odorose, volatili e liposolubili, assumendo caratteri organolettici non graditi, è necessario che l’ambiente dove si effettua la conservazione sia privato di ogni sorgente di odori. Durante la conservazione dell’olio possono intervenire le seguenti alterazioni: a) alterazioni da contatto con materiali non idonei; b) alterazioni da contatto prolungato con le impurezze acquose; c) alterazioni ossidative.
Le alterazioni legate ai materiali costituenti i contenitori di stoccaggio o di confezionamento sono dovute alla cessione di metalli da parte della superficie a contatto con l’olio. A tal riguardo l’unico pericolo può eventualmente venire dalle confezioni in lattine metalliche, poiché negli altri casi (serbatoi in acciaio e bottiglie in vetro) il problema della cessione non esiste.
Le alterazioni derivanti dal contatto dell’ olio d’oliva con l’acqua di vegetazione (morchia) che, seppure in minima quantità, resta nel prodotto dopo l’estrazione, sono dovute essenzialmente a processi fermentativi a carico delle sostanze idrosolubili presenti nello strato acquoso. In condizioni ambientali favorevoli e se il contatto con l’olio si prolunga, lo strato acquoso può conferire all’olio i seguenti difetti: 1) difetto di morchia, dovuto al tipico odore delle acque di vegetazione fermentate; 2) difetto di putrido, dovuto alla fermentazione anaerobica dei fondami; 3) innalzamento dell’acidità libera per l’azione lipolitica degli enzimi presenti nella fase acquosa. Per ovviare a tali inconvenienti è necessario allontanare al più presto i fondami dall’olio ricorrendo sia ai travasi, sia all’operazione di filtrazione con prodotti idrofili. Le alterazioni ossidative dell’olio vergine d’oliva sono dovute al fenomeno dell’autossidazione che può essere ritardato con opportune tecniche, ma non evitato. Per limitare e ritardare le alterazioni ossidative è necessario evitare all’olio l’esposizione alla luce, all’aria ed alle temperature ambientali superiori ai 15-20 °C.